La sottrazione di
corrispondenza bancaria del coniuge, per produrla nel giudizio di separazione,
costituisce reato di sottrazione di corrispondenza, pochissime sono le
giustificazioni previste.
A sancire tale
principio è stata la Corte
di Cassazione in un caso di separazione; il marito
aveva prodotto nel giudizio di separazione una fotocopia della corrispondenza
bancaria cosi da provare le condizioni patrimoniali dell’altro coniuge, prova
fondamentale al fine della determinazione dell’assegno di mantenimento.
Secondo la Corte
tutti gli elementi evidenziati dalla difesa al fine di dimostrare l’insussistenza
del reato, sono ininfluenti in quanto “non rileva il tipo di corrispondenza,
né la natura, di fotocopia ovvero originale, atteso che anche con la
sottrazione di una copia del documento, pur nell'ipotesi che tale atto sia
contenuto in una busta aperta, resta violato il bene giuridico tutelato dalla
disposizione di cui all'art. 616 CP”.
Per quanto attiene alla “giusta causa” che talvolta può essere
assunta a giustificazione, la
Cassazione afferma che spetta al giudice verificarne l’esistenza
mediante un’indagine etico-sociale, individuando i motivi che hanno determinato
il comportamento in esame.
Tuttavia, è bene ricordare che ancora oggi non è chiaro se
documenti ottenuti in modo illecito, tramite la lesione di un diritto
fondamentale, possano essere prodotti in giudizio o meno. Inoltre, “la
giusta causa presuppone che la produzione in giudizio della documentazione
bancaria sia l'unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del
coniuge controparte”
Pertanto, è necessario che solo ed esclusivamente attraverso la
rivelazione del contenuto della corrispondenza il soggetto possa tutelare il
proprio interesse offeso; solo in tal caso si potrà parlare di “giusta causa
scriminante”.
Attenzione quindi non solo a quello che viene detto davanti
al giudice ma anche a ciò che viene prodotto, per evitare di passare dalla
ragione al torto!
Avv. Guglielmo Mossuto
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