La disciplina generale
Il
reato di stalking, annoverato all'art. 612 bis del codice penale, si
configura quando un soggetto tenga in maniera ripetitiva
comportamenti invadenti, di
intromissione e/o di controllo nei confronti di un'altra persona.
Tali
condotte possono essere di volta in volta realizzate tramite continue
telefonate, messaggi, appostamenti, pedinamenti o altri comportamenti
ossessivi, tali da far insorgere nella vittima un grave
stato di timore per la propria incolumità o per quella dei
propri cari, tanto da costringerla a modificare in modo sostanziale
le proprie abitudini di vita quotidiana.Per poter configurare la suddetta fattispecie di reato è necessario, quindi, che il reo ponga in essere la condotta criminosa in maniera continuativa e che questa sia idonea a provocare nella vittima tale perdurante stato di ansia e paura: non è sufficiente un singolo episodio di minaccia o di molestia.
Il reato, normalmente perseguibile a querela di parte, diviene perseguibile d'ufficio qualora venga commesso in danno di minori o di persone disabili.
La
tutela giudiziaria
Nel
caso in cui venga accertata la sussistenza del suddetto reato, il
giudice può vietare allo stalker di avvicinarsi a determinati
luoghi, che la vittima frequenta in modo abitudinario: nel fare ciò
dovranno essere individuati in modo specifico i vari luoghi per i
quali sussista tale divieto.
Poichè
a volte l'individuazione puntuale dei “luoghi vietati” può
apparire più difficile del previsto, è più opportuno imporre allo
stalker il divieto di avvicinarsi alla persona offesa, obbligandolo a
mantenere una certa distanza da quest'ultima.Una volta condannato allo stalker sarà imposto, nei confronti della vittima, il divieto assoluto di:
- pedinarla o guardarla insistentemente per strada;
- avvicinarla sempre e comunque anche in situazioni del tutto causali;
- contattarla con qualsiasi mezzo possibile fra cui, telefonate, sms, email o messaggi sui social network ( Facebook, Twitter, ecc. ecc.).
Ascoltando i telegiornali ci si rende conto che il fenomeno è molto diffuso e talvolta può portare a conseguenze ben più gravi, per cui è sempre bene denunciare subito il tutto alle autorità competenti.
Di una situazione interessante si è occupata recentemente la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5316 del 4 febbraio 2015.
Nel caso in esame l'ex-marito è stato condannato alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione per aver ossessionato l'ex-moglie con continui messaggi e telefonate, idonei di per sé a configurare la fattispecie delittuosa.
I Giudici Costituzionali hanno sottolineato che non è rilevante neanche il contenuto delle telefonate e dei messaggi (sia esso intimidatorio o pacifico): il fatto stesso di ripetere tali condotte in maniera ossessiva, rappresenta un elemento sufficiente a configurare il reato.
Avv.
Guglielmo Mossuto
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