lunedì 9 febbraio 2015

LO STALKING: UN FENOMENO CRESCENTE DAL QUALE CI SI PUO' DIFENDERE


La disciplina generale

Il reato di stalking, annoverato all'art. 612 bis del codice penale, si configura quando un soggetto tenga in maniera ripetitiva comportamenti invadenti, di intromissione e/o di controllo nei confronti di un'altra persona.
Tali condotte possono essere di volta in volta realizzate tramite continue telefonate, messaggi, appostamenti, pedinamenti o altri comportamenti ossessivi, tali da far insorgere nella vittima un grave stato di timore per la propria incolumità o per quella dei propri cari, tanto da costringerla a modificare in modo sostanziale le proprie abitudini di vita quotidiana.
Per poter configurare la suddetta fattispecie di reato è necessario, quindi, che il reo ponga in essere la condotta criminosa in maniera continuativa e che questa sia idonea a provocare nella vittima tale perdurante stato di ansia e paura: non è sufficiente un singolo episodio di minaccia o di molestia.
Il reato, normalmente perseguibile a querela di parte, diviene perseguibile d'ufficio qualora venga commesso in danno di minori o di persone disabili.

La tutela giudiziaria

Nel caso in cui venga accertata la sussistenza del suddetto reato, il giudice può vietare allo stalker di avvicinarsi a determinati luoghi, che la vittima frequenta in modo abitudinario: nel fare ciò dovranno essere individuati in modo specifico i vari luoghi per i quali sussista tale divieto.
Poichè a volte l'individuazione puntuale dei “luoghi vietati” può apparire più difficile del previsto, è più opportuno imporre allo stalker il divieto di avvicinarsi alla persona offesa, obbligandolo a mantenere una certa distanza da quest'ultima.
Una volta condannato allo stalker sarà imposto, nei confronti della vittima, il divieto assoluto di:
  • pedinarla o guardarla insistentemente per strada;
  • avvicinarla sempre e comunque anche in situazioni del tutto causali;
  • contattarla con qualsiasi mezzo possibile fra cui, telefonate, sms, email o messaggi sui social network ( Facebook, Twitter, ecc. ecc.).
Spesso tali condotte criminose vengono poste in essere nei confronti di donne che decidono di porre fine ad una travagliata relazione sentimentale.
Ascoltando i telegiornali ci si rende conto che il fenomeno è molto diffuso e talvolta può portare a conseguenze ben più gravi, per cui è sempre bene denunciare subito il tutto alle autorità competenti.
Di una situazione interessante si è occupata recentemente la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5316 del 4 febbraio 2015.
Nel caso in esame l'ex-marito è stato condannato alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione per aver ossessionato l'ex-moglie con continui messaggi e telefonate, idonei di per sé a configurare la fattispecie delittuosa.
I Giudici Costituzionali hanno sottolineato che non è rilevante neanche il contenuto delle telefonate e dei messaggi (sia esso intimidatorio o pacifico): il fatto stesso di ripetere tali condotte in maniera ossessiva, rappresenta un elemento sufficiente a configurare il reato.

Avv. Guglielmo Mossuto

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